Pollo al curry: il Medio Oriente a casa!
Una ricetta speziata di cui esistono molte varianti, ideale per portare in cucina tutti i profumi di un bazar indiano.
La tradizione etnica d’importazione
Il pollo al curry è una ricetta tipica indiana, le cui origini sono strettamente legate alla storia dell’immigrazione indiana e pakistana nei paesi occidentali e all’arrivo dei mercanti europei in India.
l curry, in particolare, divenne uno dei prodotti più commerciati dalle compagnie inglesi, che iniziarono a venderlo – sia in patria che in India – con il nome di “The Empress” (ovvero l’ “Imperatrice”) e poi lo esportarono in tutto il mondo, separando gli ingredienti secchi da quelli umidi.
Nacque così il curry come oggi lo conosciamo, che in realtà è piuttosto diverso da quello originale, che risale a 2000 anni fa!
AAA: pietanza o metodo di cottura?
“Curry” è un termine coniato in epoca coloniale per indicare la miscela di spezie tostate (per estrarre al meglio i loro oli essenziali) e ridotte in polvere. In indiano una preparazione simile si chiamava “Kari masala” (da “Kari”, nome della pianta dalla quale era ricavata una delle spezie incluse nel mix) e afferiva alla medicina ayurvedica.
Oggi, anche nella stessa India, la voce “curry” è usata nei menù internazionali (e turistici) per indicare piatti che contengono questo ingrediente, mentre a livello locale lo stesso termine è utilizzato in riferimento a un tipo di cottura effettuato in umido.
Una, dieci, cento spezie in un unico piatto (anzi, piatto unico!)
Il mix di spezie può essere variamente composto, e questo conferisce un colore, un sapore e un’intensità diversi al risultato finale. Esistono versioni di curry che arrivano a contenere fino a cinquanta spezie diverse.
Le più celebri derivano da quelli che in origine si chiamavano Garam Masala (a base di curcuma, cumino, cardamomo, pepe nero, coriandolo e cannella) e Tandoori Masala (con chiodi di garofano, cannella, fino greco, peperoncino e coriandolo).
L’eredità dell’ayurveda è evidente nel criterio con cui sono scelti gli abbinamenti e le proporzioni tra le spezie, nonché tra queste e altri alimenti, tanto che per ogni mix era previsto un uso diverso (per esempio le miscele con più cumino erano pensate per condire o accompagnare i legumi in virtù delle sue forti proprietà carminative e digestive, che aiutano ad evitare fastidiose aerofagie).
Per quanto riguarda invece il gusto, esistono curry creati per le carni di maiale, di manzo o di agnello, per quelle avicole, per i pesci, per i crostacei, per le verdure e persino per il tofu. Quello che ha ottenuto il maggior successo, al punto da diventare iconico, è proprio quello per il pollo.
Cosa abbinarci nel bicchiere?
Oggi che la ristorazione punta sempre di più all’abbinamento ragionato tra ciò che viene servito nel piatto e ciò che viene versato nel bicchiere (dal vino ai cocktail, passando per i tè, le bevande fermentate e persino le acque minerali, che ormai stanno conquistando una “carta” a sé), si pone il problema di come accompagnare le pietanze etniche e gli ingredienti esotici sempre più utilizzati anche nelle cucine occidentali.
Gli esperti di pairing hanno individuato in un classico Martini Cocktail (composto da Gin e Vermouth Dry, con l’aggiunta di una semplice oliva verde) l’abbinamento ideale per il Kebab (soprattutto se condito con salse particolarmente aromatiche e piccanti), nel Mojito e nel Margarita l’accompagnamento ideale per i tacos, le quesadillas e le tortillas (soprattutto se farcite con maiale o manzo arrosto, salse speziate, erbe e lime); nel Daiquiri (fatto con uno sciroppo aromatizzato al cardamomo e cannella al posto del classico sciroppo di zucchero) quello per i piatti a base di cardamomo; nell’Americano il compagno ideale per gli involtini primavera. Infine per il pollo al curry il connubio ideale sembrerebbe realizzarsi con un Gin Tonic Sbagliato.
Per chi proprio vuole osare, ci sono anche i cocktail in cui le spezie entrano come ingrediente che si stanno sempre più diffondendo sui banconi di bar e locali nel mondo occidentale.